Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Appartamenti reali.
 
 ARTASERSE e ARTABANO
 
 ARTASERSE
375Dal carcere, o custodi, (Nell’uscire verso la scena)
 qui si conduca Arbace. Ecco adempite
 le tue richieste. Ah voglia il ciel che giovi
 questo incontro a salvarlo.
 ARTABANO
                                                  Io non vorrei
 che credessi, o signor, la mia domanda
380pietà di padre o mal fondata speme
 di trovarlo innocente. È troppo chiara
 la colpa sua; deve morir. Non altro
 mi muove a rivederlo
 che la tua sicurezza. Ancor del fallo
385è ignota la cagione,
 sono i complici ignoti; ogni segreto
 tenterò di scoprir.
 ARTASERSE
                                    La tua fortezza
 quanto invidio Artabano! Io mi sgomento
 d'un amico al periglio;
390tu non ti perdi e si condanna il figlio.
 ARTABANO
 Signor, che far poss'io,
 s'ogni evento l'accusa, e intanto Arbace
 si vede reo, non si difende e tace?
 ARTASERSE
 Ma innocente si chiama. I labbri suoi
395non son usi a mentir. Io m'allontano;
 in libertà seco ragiona; osserva,
 esamina il suo cor. Trova, se puoi,
 un'ombra di difesa. Accorda insieme
 la salvezza del figlio,
400la pace del tuo re, l'onor del trono;
 ingannami, se puoi, ch'io ti perdono.
 
    Rendimi il caro amico
 parte dell'alma mia;
 fa' ch'innocente sia
405come l'amai finor.
 
    Compagni dalla cuna
 tu ci vedesti e sai
 che in ogni mia fortuna
 seco finor provai
410ogni piacer diviso,
 diviso ogni dolor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 ARTABANO, poi ARBACE con alcune guardie.
 
 ARTABANO
 Son quasi in porto. Arbace,
 avvicinati. E voi (Alle guardie)
 nelle prossime stanze
415pronti attendete ad ogni cenno. (Partono)
 ARBACE
                                                            (Il padre
 solo con me!)
 ARTABANO
                            Pur mi riesce, o figlio,
 di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
 all'incauto Artaserse
 la libertà di favellarti. Andiamo;
420per una via che ignota
 sempre gli fu, scorgendo i passi tui
 deluder posso i suoi custodi e lui.
 ARBACE
 Mi proponi una fuga
 che saria prova al mio delitto.
 ARTABANO
                                                        Eh vieni,
425folle che sei; la libertà ti rendo;
 t'involo al regio sdegno;
 agli applausi ti guido e forse al regno.
 ARBACE
 Che dici! Al regno?
 ARTABANO
                                      È da gran tempo, il sai,
 a tutti in odio il regio sangue. Andiamo;
430alle commosse squadre
 basta mostrarti. Ho già la fede in pegno
 de' primi duci.
 ARBACE
                               Io divenir ribelle!
 Solo in pensarlo inorridisco! Ah padre
 lasciami l'innocenza.
 ARTABANO
                                         È già perduta
435nella credenza altrui. Sei prigioniero
 e comparisci reo.
 ARBACE
                                  Ma non è vero.
 ARTABANO
 E dovrò per salvarti
 contender teco? Altra ragion per ora
 non ricercar che il cenno mio. T'affretta.
 ARBACE
440No, perdona, sia questo
 il tuo cenno primiero
 trasgredito da me.
 ARTABANO
                                     Vinca la forza
 le resistenze tue. Sieguimi. (Va per prenderlo)
 ARBACE
                                                     In pace (Si scosta)
 lasciami, o padre. A troppo gran cimento
445riduci il mio rispetto. Ah se mi sforzi,
 farò...
 ARTABANO
              Minacci ingrato!
 Parla, di', che farai?
 ARBACE
                                       Nol so; ma tutto
 farò per non seguirti.
 ARTABANO
                                          E ben vediamo
 chi di noi vincerà. Sieguimi, andiamo. (Lo prende per mano)
 ARBACE
450Custodi, olà.
 ARTABANO
                          T'acchetta.
 ARBACE
                                                Olà, custodi (Artabano lascia Arbace vedendo i custodi)
 rendetemi i miei lacci. Al carcer mio
 guidatemi di nuovo.
 ARTABANO
                                        (Ardo di sdegno).
 ARBACE
 Padre, un addio.
 ARTABANO
                                 Va', non t'ascolto, indegno.
 ARBACE
 
    Mi cacci sdegnato!
455Mi sgridi severo!
 Pietoso, placato
 vederti non spero,
 se in questi momenti
 non senti pietà.
 
460   Che ingiusto rigore!
 Che fiero consiglio!
 Scordarsi l'amore
 d'un misero figlio,
 d'un figlio infelice
465che colpa non ha. (Parte colle guardie)
 
 SCENA III
 
 ARTABANO solo
 
 ARTABANO
 I tuoi deboli affetti
 vinci, Artabano. Un temerario figlio
 s'abbandoni al suo fato. Ah che nel core
 condannarlo non posso. Io l'amo appunto
470perché non mi somiglia. A un tempo istesso
 e mi sdegno e l'ammiro;
 e d'ira e di pietà fremo e sospiro. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 Galleria.
 
 MANDANE e SEMIRA
 
 
 SEMIRA
 Ah sentimi Mandane...
 MANDANE
475Non m'arrestar, Semira.
 SEMIRA
                                               Ove t'affretti?
 MANDANE
 Vado al real consiglio.
 SEMIRA
                                          Io tua seguace
 sarò, se giova all'infelice Arbace.
 MANDANE
 L'interesse è distinto;
 tu salvo il brami ed io lo voglio estinto.
 SEMIRA
480E un'amante d'Arbace
 parla così?
 MANDANE
                       Parla così, Semira,
 una figlia di Serse.
 SEMIRA
                                     Il mio germano
 o non ha colpa o per tua colpa è reo,
 perché troppo t'amò...
 MANDANE
                                           Questo è il maggiore
485de' falli suoi. Col suo morir degg'io
 giustificar me stessa e vendicarmi
 di quel rossor che soffre
 il mio genio real che a lui donato
 dovea destarlo a generose imprese,
490e per mia pena un traditor lo rese.
 SEMIRA
 Va', sollecita il colpo,
 accusalo, spietata,
 riducilo a morir; però misura
 prima la tua costanza. Hai da scordarti
495le speranze, gli affetti,
 la data fede...
 MANDANE
                            Ah barbara Semira
 io che ti feci mai? Perché risvegli
 quella al dover ribelle
 colpevole pietà che opprimo in seno
500a forza di virtù? Perché ritorni
 con quest'idea, che 'l mio coraggio atterra,
 fra' miei pensieri a rinnovar la guerra?
 
    Se d'un amor tiranno
 credei di trionfar,
505lasciami nell'inganno,
 lasciami lusingar
 che più non amo.
 
    Se l'odio è il mio dover,
 barbara, e tu lo sai,
510perché avveder mi fai
 che invan lo bramo? (Parte con Semira)
 
 SCENA V
 
 Gran sala del real consiglio con trono da un lato, sedili dall’altro per i grandi del regno. Tavolino e sedia alla destra del sudetto trono.
 
 ARTASERSE preceduto da una parte delle guardie e da’ grandi del regno e seguito dal restante delle guardie; poi MEGABISE.
 
 CORO
 
    Del tuo gran padre in trono
 Ora si adori il figlio
 e porti a noi per dono
515la pace ed il piacer.
 
   Ogni timore funesto
 vada da noi lontano,
 né sia più a noi molesto
 un torbido pensier.
 
 ARTASERSE
520Eccomi, o della Persia
 fidi sostegni, del paterno soglio
 le cure a tollerar. Son del mio regno
 sì torbidi i principi e sì funesti
 che l'inesperta mano
525teme di questo avvicinarsi al freno;
 voi che nudrite in seno
 zelo, valore, esperienza e fede,
 dell'affetto in mercede
 che 'l mio gran genitor vi diede in dono,
530siatemi scorta in su le vie del trono.
 MEGABISE
 Mio re, chiedono a gara
 e Mandane e Semira a te l'ingresso.
 ARTASERSE
 Oh dei! Vengano. Io vedo (Parte Megabise)
 qual diversa cagione entrambe affretta.
 
 SCENA VI
 
 MANDANE, SEMIRA, MEGABISE e detto
 
 SEMIRA
535Artaserse pietà.
 MANDANE
                                Signor, vendetta.
 D'un reo chiedo la morte.
 SEMIRA
                                                 Ed io la vita
 chiedo d'un innocente.
 MANDANE
                                            Il fallo è certo.
 SEMIRA
 Incerto è il traditor.
 MANDANE
                                       Condanna Arbace
 ogni apparenza.
 SEMIRA
                                Assolve
540Arbace ogni ragion.
 MANDANE
                                       L'amor l'accusa.
 SEMIRA
 L'amicizia il difende
 
 MANDANE
                                         Il sangue sparso
 dalle vene del padre
 chiede un castigo.
 SEMIRA
                                    E il conservato sangue
 nelle vene del figlio un premio chiede.
 MANDANE
545Ricordati...
 SEMIRA
                        Rammenta...
 MANDANE
 Che sostegno del trono
 solo è il rigor.
 SEMIRA
                            Che la clemenza è base.
 MANDANE
 D'una misera figlia
 deh t'irriti il dolor.
 SEMIRA
                                     Ti plachi il pianto
550d'un'afflitta germana.
 MANDANE
                                           Ognun che vedi,
 fuor che Semira, il sacrificio aspetta.
 SEMIRA
 Artaserse, pietà. (S’inginocchiano)
 MANDANE
                                  Signor, vendetta.
 ARTASERSE
 Sorgete, oh dio! Sorgete. Il vostro affanno
 quanto è minor del mio!...  Ah vieni, vieni (Vedendo Artabano)
555consolami, Artabano. Hai per Arbace
 difesa alcuna? Ei si discolpa?
 
 SCENA VII
 
 ARTABANO e detti
 
 ARTABANO
                                                        È vana
 la tua, la mia pietà. La sua salvezza
 o non cura o dispera.
 ARTASERSE
                                         E vuol ridurmi
 l'ingrato a condannarlo?
 SEMIRA
560Condannarlo! Ah crudel!
 ARTASERSE
                                                Semira, a torto
 m'accusi di crudel! Che far poss'io,
 se difesa non ha? Tu che faresti?
 Che farebbe Artabano? Olà custodi,
 Arbace a me si guidi; il padre istesso
565sia giudice del figlio. Egli l'ascolti,
 ei l'assolva, se può. Tutta in sua mano
 la mia depongo autorità reale.
 ARTABANO
 Come!
 MANDANE
                E tanto prevale
 l'amicizia al dover? Punir nol vuoi,
570se la pena del reo commetti al padre.
 ARTASERSE
 A un padre io la commetto
 di cui nota è la fé.
 MANDANE
                                   Ma sempre è padre.
 ARTASERSE
 Perciò doppia ragione ha di punirlo.
 MANDANE
 Dunque così...
 ARTASERSE
                             Così se Arbace è il reo
575la vittima assicuro al re svenato;
 ed al mio difensor non sono ingrato.
 ARTABANO
 Ah signor, qual cimento...
 ARTASERSE
 Degno di tua virtù.
 ARTABANO
                                      Di questa scelta
 che si dirà?
 ARTASERSE
                         Che si può dir? Parlate, (A’ grandi)
580se v'è ragion che a dubitar vi muova.
 MEGABISE
 Il silenzio d'ognun la scelta approva.
 SEMIRA
 Ecco il germano. (Va in trono ed i grandi siedono)
 MANDANE
                                 (Aimè!)
 
 ARTABANO
                                                   (Affetti,
 ah tollerate il freno). (Nell’andare a sedere al tavolino)
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 
 SCENA VIII
 
 ARBACE con catene fra alcune guardie e detti
 
 ARBACE
585Tanto in odio alla Persia
 dunque son io che di mia rea fortuna
 l'ingiustizie a mirar tutta s'aduna!
 Mio re...
 ARTASERSE
                   Chiamami amico; infin ch'io possa
 dubitar del tuo fallo esserlo voglio;
590e perché sì bel nome
 in un giudice è colpa, ad Artabano
 il giudicio è commesso.
 ARBACE
                                             Al padre!
 ARTASERSE
                                                                 A lui.
 ARBACE
 (Gelo d'orror!)
 ARTABANO
                              Che pensi? Ammiri forse
 la mia costanza?
 ARBACE
                                 Inorridisco, o padre,
595nel mirarti in quel luogo. E ripensando
 qual io son, qual tu sei. Come potesti
 farti giudice mio? Come conservi
 così intrepido il volto e non ti senti
 l'anima lacerar?
 ARTABANO
                                 Quei moti interni
600che io provo in me, tu ricercar non devi,
 né quale intelligenza
 abbia col volto il cor. Qualunque io sia,
 lo son per colpa tua. Se a' miei consigli
 tu davi orecchio e seguitar sapevi
605l'orme d'un padre amante, in faccia a questi
 giudice non sarei, reo non saresti.
 ARTASERSE
 Misero genitor!
 MANDANE
                                Qui non si venne
 i vostri ad ascoltar privati affanni;
 o Arbace si difenda o si condanni.
 ARBACE
610(Quanto rigor!)
 ARTABANO
                                Dunque alle mie richieste
 risponda il reo. Tu comparisci, Arbace,
 di Serse l'uccisor. Ne sei convinto;
 ecco le prove. Un temerario amore,
 uno sdegno ribelle...
 ARBACE
                                        Il ferro, il sangue,
615il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga
 so che la colpa mia fanno evidente;
 e pur vero non è, sono innocente.
 ARTABANO
 Dimostralo, se puoi; placa lo sdegno
 dell'offesa Mandane.
 ARBACE
                                         Ah se mi vuoi
620costante nel soffrir, non assalirmi
 in sì tenera parte. Al nome amato,
 barbaro genitor...
 ARTABANO
                                   Taci, e non vedi
 nella tua cieca intolleranza e stolta
 dove sei, con chi parli e chi t'ascolta?
 ARBACE
625Ma padre...
 ARTABANO
                        (Affetti, ah tollerate il freno!)
 MANDANE
 (Povero cor, non palpitarmi in seno).
 ARTABANO
 Chiede pur la tua colpa
 difesa o pentimento.
 ARTASERSE
                                         Ah porgi aita
 alla nostra pietà.
 ARBACE
                                 Mio re, non trovo
630né colpa, né difesa
 né motivo a pentirmi; e se mi chiedi
 mille volte ragion di questo eccesso,
 tornerò mille volte a dir l'istesso.
 ARTABANO
 (O amor di figlio!)
 MANDANE
                                     Egli ugualmente è reo,
635o se parla o se tace. Or che si pensa?
 Il giudice che fa? Questo è quel padre
 che vendicar doveva un doppio oltragio?
 ARBACE
 Mi vuoi morto, o Mandane?
 MANDANE
                                                     (Alma coraggio).
 ARTABANO
 Principessa, è il tuo sdegno
640sprone alla mia virtù. Resti alla Persia
 nel rigor d'Artabano un grand'esempio
 di giustizia e di fé non visto ancora.
 Io condanno il mio figlio; Arbace mora. (Sottoscrive il foglio)
 MANDANE
 (O dio!)
 ARTASERSE
                   Sospendi amico
645il decreto fatal.
 ARTABANO
                              Segnato è il foglio,
 ho compito il dover. (S’alza e dà il foglio)
 ARTASERSE
                                        Barbaro vanto! (Scende dal trono e i grandi si levano da sedere)
 SEMIRA
 Padre inumano!
 MANDANE
                                 (Ah mi tradisce il pianto!)
 ARBACE
 Piange Mandane? E pur sentisti alfine
 qualche pietà del mio destin tiranno.
 MANDANE
650Si piange di piacer, come d'affanno.
 ARTABANO
 Di giudice severo
 adempite ho le parti. Ah si permetta
 agli affetti di padre
 uno sfogo, o signor. Figlio, perdona
655alla barbara legge
 d'un tiranno dover. Soffri, che poco
 ti rimane a soffrir. Non ti spaventi
 l'aspetto della pena; il mal peggiore
 è de' mali il timor.
 ARBACE
                                     Vacilla, o padre,
660la sofferenza mia. Trovarmi esposto
 in faccia al mondo intero
 in sembianza di reo: veder recise
 sul verdeggiar le mie speranze, estinti
 sull'aurora i miei dì, vedermi in odio
665alla Persia, all'amico, a lei che adoro,
 saper che 'l padre mio...
 Barbaro padre... (Ah, ch'io mi perdo!) Addio. (In atto di partire, poi si ferma)
 ARTABANO
 (Io gelo).
 MANDANE
                    (Io moro).
 ARBACE
                                          Oh temerario Arbace,
 dove trascorri? Ah genitor, perdono.
670Eccomi a' piedi tuoi. Scusa i trasporti
 d'un insano dolor. Tutto il mio sangue
 si versi pur, non me ne lagno; e invece
 di chiamarla tiranna,
 io bacio quella man che mi condanna.
 ARTABANO
675Basta, sorgi; purtroppo
 hai ragion di lagnarti;
 ma sappi... (Oh dei!) Prendi un abbraccio e parti.
 ARBACE
 
    Per quel paterno amplesso,
 per questo estremo addio,
680conservami te stesso,
 placami l'idol mio,
 difendimi il mio re.
 
    Vado a morir beato,
 se della Persia il fato
685tutto si sfoga in me. (Parte fra le guardie seguito da Megabise e partono i grandi)
 
 SCENA IX
 
 MANDANE, ARTASERSE, SEMIRA ed ARTABANO.
 
 MANDANE
 Ah che al partir d'Arbace
 io comincio a provar che sia la morte!
 ARTASERSE
 Quanto, amata Semira
 congiura il ciel del nostro Arbace a danno!
 SEMIRA
690Inumano tiranno!
 Così presto ti cangi?
 Prima uccidi l'amico, e poi lo piangi. (Parte)
 ARTASERSE
 Dell'ingrata Semira (Ad Artabano)
 i rimproveri udisti? Io son pietoso,
695e tiranno mi chiama.
 ARTABANO
                                         Ah, non lagnarti:
 Lascia a me le querele. Oggi d'ogni altro
 Più misero son io.
 ARTASERSE
 Grande è il tuo duol, ma non è lieve il mio. (Parte)
 ARTABANO
 A prezzo del mio sangue ecco, o Mandane,
700soddisfatto il tuo sdegno.
 MANDANE
                                                Ah scellerato!
 Fuggi dagli occhi miei, fuggi la luce
 delle stelle e del sol; celati, indegno,
 nelle più cupe e cieche
 viscere della terra,
705se pur la terra istessa a un empio padre,
 così d'umanità privo e d'affetto,
 nelle viscere sue darà ricetto.
 ARTABANO
 Dunque la mia virtù...
 MANDANE
                                           Taci, inumano;
 di qual virtù ti vanti?
710Ha questa i suoi confini; e quando eccede,
 cangiata in vizio ogni virtù si vede.
 ARTABANO
 Ma non sei quell'istessa
 che finor m'irritò?
 MANDANE
                                     Son quella e sono
 degna di lode. E se dovesse Arbace
715giudicarsi di nuovo, io la sua morte
 di nuovo chiederei. Dovea Mandane
 un padre vendicar; salvare un figlio
 Artabano doveva. A te l'affetto,
 l'odio a me conveniva. Io l'interesse
720d'una tenera amante
 non dovevo ascoltar; ma tu dovevi
 di giudice il rigor porre in obblio;
 questo era il tuo dover, questo era il mio.
 
    Va' tra le selve ircane,
725barbaro genitore!
 Fiera di te peggiore,
 mostro peggior non v'è.
 
    Quanto di reo produce
 l'Africa al sol vicina,
730l'inospita marina,
 tutto s'aduna in te. (Parte)
 
 SCENA X
 
 ARTABANO
 
 ARTABANO
 Son pur solo una volta e dall'affanno
 respiro in libertà. Quasi mi persi
 nel sentirmi d'Arbace
735giudice destinar; ma superato,
 non si pensi al periglio.
 Salvai me stesso, or si difenda il figlio.
 
    Così stupisce e cade
 pallido e smorto in viso
740al fulmine improviso
 l'attonito pastor.
 
    Ma quando poi s'avvede
 del vano suo spavento,
 sorge, respira, e riede
745a numerar l'armento
 disperso dal timor. (Parte)
 
 Fine dell’atto secondo